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Un progetto affascinante, ambizioso e tecnicamente complesso in cui regnano architettura e innovazione”

Intervista all’Architetto Carlo Paternò

Facciamo un passo indietro… Architetto Paternò, ci racconti di quando è iniziato tutto, pochissimi mesi prima della famosa inaugurazione del 17 luglio 2017

Un grande progetto prima del mio matrimonio, avvenuto una settimana dopo la cerimonia inaugurale. Sono stato contattato tre mesi prima dall’Ing. Simone Massaro, il quale mi ha illustrato la sua grande visione per la realizzazione di un Innovation Hub davvero futuristico, rispetto al quale aveva già le idee molto chiare.  Ho trovato la sua idea decisamente avvincente e soprattutto di valore per il nostro territorio. Così, ho subito colto con entusiasmo questa grandiosa opportunità!

Oserei definire il progetto affascinante, ambizioso e tecnicamente complesso.

In un ridotto arco di tempo, tantissime lavorazioni e professionisti all’opera: in quasi 1600 mq  si sono riunite dalle 50 alle 60 maestranze che si confrontavano e collaboravano insieme. Una direzione del cantiere top-level. Uno degli aspetti più stimolanti di questo percorso, al di là della possibilità di lavorare con una  mente brillante come l’Ing. Massaro, è stato il coinvolgimento di moltissime persone e figure professionali che il progetto ha legato insieme in un rapporto che dura nel tempo.

Quali key-concepts hanno guidato l’implementazione del primo progetto?

I key-concepts che hanno guidato l’intero progetto affondano le loro radici nei valori della Community, della Collaborazione, della Sostenibilità e dell’Innovazione. Un ruolo centrale ha avuto inoltre la trasposizione dell’antica Agorà Greca, ricreata all’interno del Campus attraverso la creazione di un’ampia piazza centrale, all’interno della quale persone diverse possono incontrarsi e confrontarsi, favorendo la nascita di nuove idee. Parlerei inoltre della chiave di lettura del progetto finale e dell’interpretazione che volevamo dessero i nuovi “abitanti” e visitatori entrando nell’Hub.  Sin dall’inizio la mission comune è stata quella di ricreare uno spazio di lavoro che fosse altamente tecnologico ma allo stesso tempo in grado di rimembrare la nostra terra. Un patrimonio culturale racchiuso in un work-environment che raccontasse del coraggio di partire, dopo il quale ci può essere ancora un ritorno, quello alle proprie origini, per arricchire il nostro territorio. La progettazione di angoli e spazi comuni che ricordassero ad ogni ospite o fruitore del campus il sole della Sicilia, la maestosità del vulcano e lo scintillìo della lava, il profumo dei suoi agrumi e la saggezza degli ulivi che circondavano le piazze ed i cortili. Tutto ciò in un viaggio sensoriale senza precedenti, un tour tra le meraviglie tecnologiche di uno spazio diviso sostanzialmente in 2 parti: il 55% dedicato alle aree lavorative con attrezzate work-stations ed il 45% agli spazi ricreativi.

In cosa si differenzia il secondo progetto dal primo?

Risposta semplice: si differenzia nel punto di vista.  Il primo progetto si distingue per gli elementi della Sicilia che ho descritto pocanzi riportati in un ambiente sofisticatamente avveniristico. Nel secondo progetto, ci spostiamo dalla nostra terra per raccontare l’intero Mediterraneo da un punto di vista diverso. Esattamente come nell’Odissea, Ulisse parte dalla sua Itaca per rientrare in Patria dopo un viaggio avventuroso.

Quali sono le linee guida tecniche nel suo lavoro e poi gli elementi da cui si lascia maggiormente ispirare nella realizzazione di un progetto?

È il continuo confrontarsi che crea una matrice progettuale.  Occorre mettere in primo piano tutte le esigenze, che diventano poi i punti cardine di un progetto per l’ottimizzazione dello spazio.  Le esigenze cambiano da committente a committente, da progetto a progetto. Talvolta è necessario conoscere meglio il committente per capire cosa abbia in mente e cosa voglia realizzare. L’Ing. Massaro aveva una vision dettagliata del risultato finale ed è stato subito complice nelle decisioni fondamentali in fase progettuale.

Quali sono stati gli aspetti che hanno richiesto un effort maggiore nel nuovo progetto per FMF?

Gli impianti tecnologici sono aumentati. L’aspettativa è maggiore da parte di tutti. Abbiamo migliorato la qualità architetturale rispetto al precedente progetto.

Inoltre, per aumentare il confort degli abitanti dell’Hub, è stato necessario un effort maggiore per creare spazi ricreativi che non si allontanassero troppo da quelli del primo piano, ma che fossero ancora più innovativi e tecnologicamente confortevoli.

Potrebbe rivelarci qualche piccolo dettaglio architettonico di ciò che prenderà vita al secondo piano?

Il nuovo spazio è immerso in un environment ispirazionale da risveglio dei sensi, fatto di vegetazione, acqua e pietra naturale lavorata sapientemente.

Le tre nuove control and monitoring rooms saranno costituite da 9 file di postazioni avveniristiche costruite su misura e rivolte verso una parete di  monitor (wall screens) di quasi 20 m. Stiamo lavorando sul controllo della qualità dell’aria, della luce e anche del suono.

La pietra lavica è un elemento ed un materiale che continua ancora a costituire gran parte del design interno del campus. Perché?

La pietra lavica è la rappresentante ufficiale del luogo. Mi sono sempre concentrato sul suo potenziale dal primo lavoro preso in carico, per trovare quell’elemento che distinguesse la mia progettazione, diventando la mia “signature”. In ogni progetto la pietra lavica trova sempre vita nuova; in particolare, nel nuovo ufficio, lascia il verticale e continua a disegnare l’orizzontale.

Cosa rappresenta per lei FMF e cosa vede nel prossimo futuro?

Personalmente, la vedo come una grande opportunità per me e per lo studio che rappresento. Per il resto, sono felice di essere parte integrante di questo disegno e del suo nuovo racconto. Dove c’è ricerca, ci sarà sempre spazio per l’architettura, ed io qui mi sento a casa.

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